AMIGDALA COME SEDE DELLA PIANIFICAZIONE DI AZIONI

 

 

GIOVANNI ROSSI

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XIII – 14 febbraio 2015.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Dell’amigdala ho scritto la scorsa settimana[1], in una recensione alla quale rimando anche per le nozioni introduttive su questo aggregato di neuroni telencefalici e per i riferimenti ad una decina di altre note, perché ora, un nuovo e interessantissimo studio, mi induce a riprendere a scriverne, quasi in prosecuzione di un piccolo saggio che si potrebbe intitolare “l’amigdala rivisitata”.

Non si può nascondere che anche i ricercatori più aperti verso i nuovi orizzonti della neurofisiologia cerebrale e protagonisti della ricerca che sta cambiando il modo di intendere il funzionamento del cervello, conservino una tendenza inconsapevole verso la compartimentazione funzionale schematica, anche se correttamente basata su criteri filogenetici e di specializzazione funzionale.

In proposito, ricordo quell’intenso e faticoso impegno di vari gruppi di ricerca, spesso in aspro contrasto fra loro, che ha consentito di stabilire l’indipendenza dalla corteccia delle vie necessarie ad apprendere una reazione di paura, pur basata su uno stimolo visivo. Ricordo che alcuni ricercatori esperti di neocorteccia ritenevano poco probabile o addirittura impossibile che, nei primati in generale e nell’uomo in particolare, potesse agire indipendentemente la via diretta fra amigdala e talamo, come nei roditori[2]. E rammento la smentita basata sugli studi condotti dal gruppo di Dolan e quasi trionfalmente annunciata da Joseph LeDoux: “Hanno trovato che, in tutto il cervello, l’attività amigdaloidea durante il condizionamento era in relazione diretta con le attività subcorticali dell’elaborazione visiva, compresa un’area del talamo visivo. Particolarmente significativo è stato che l’attività dell’amigdala non fosse in alcun modo collegata all’attività nelle aree della corteccia visiva. Tale scoperta rivela, quindi, che l’apprendimento emotivo inconscio si realizza attraverso il percorso che va dalle aree sensoriali visive del talamo all’amigdala. La via profonda è utilizzata tanto nei ratti quanto negli esseri umani”[3].

Non voglio minimamente discutere l’importanza dell’amigdala nella mediazione delle emozioni e nell’apprendimento condizionato della paura, né tutto quanto hanno dimostrato numerosi altri studi sul ruolo centrale dei sistemi dell’amigdala nell’attribuzione di valore ad esperienze percettive, ma solo rilevare una tendenza che ritengo inconsapevole. Ovvero, la propensione a prediligere progetti di ricerca e risultati coerenti con una visione secondo cui l’amigdala ed altre formazioni archi- o paleo-encefaliche medierebbero un’elaborazione inconscia delle emozioni e degli affetti, più o meno corrispondente al livello funzionale dei mammiferi inferiori, e che la neocorteccia dei primati sarebbe la sede elettiva di un’elaborazione cosciente di livello superiore e funzionalmente dissociabile. Le cose sono più complesse e, se ormai da più di mezzo secolo si conoscono funzioni neocorticali non coscienti, numerose evidenze degli anni più recenti depongono a favore della partecipazione, nella nostra specie, di processi sottocorticali ad esperienze coscienti. Intanto, l’idea che l’amigdala sia il “centro delle emozioni” e la corteccia prefrontale la “sede della categorizzazione”, è superata da numerose evidenze sperimentali. Questo genere di ripartizioni funzionali all’interno del cervello, basate su criteri psicologici o intuitivi che separano la ragione dai sentimenti, l’intelligenza dagli affetti, la logica dalle emozioni, è una ingenuità dei nostri giorni, equivalente all’organologia ottocentesca, ma assolutamente ingiustificabile alla luce dell’enorme messe di dati di neurofisiologia cerebrale prodotti dalla ricerca degli ultimi decenni. Un fatto è certo: la coincidenza fra topografia e tipo di specializzazione riguarda processi elementari e funzioni di base. Una delle grandi sfide della neurobiologia è la comprensione della logica alla base dei ruoli dei sistemi di neuroni cerebrali: partire da criteri quali le necessità dell’evoluzione e i valori di economia ed equilibrio funzionale in cui si inscrive l’attività di una popolazione di neuroni, per ricostruire, dal basso verso l’alto, il senso che descrive la funzione di un insieme, dovrebbe essere una delle strade da seguire[4].

La pianificazione delle azioni e il processo decisionale (decision making) costituiscono due funzioni caratterizzanti la fisiologia della corteccia prefrontale; come tali sono studiate e concepite ormai da decenni. Se la decisione è semplicemente intesa come l’operatività di una scelta fra due possibili corsi di azioni alternative da seguire, la pianificazione ha un ruolo neurofisiologico ben più impegnativo, comportando un’anticipazione degli eventi la cui rappresentazione mentale si ritiene risieda nella corteccia prefrontale[5].

Gli studi di anatomia funzionale avevano già fornito elementi sorprendenti per una sezione del complesso amigdaloideo, ma il loro rilevo è stato messo in dubbio fino a quando non si sono andate accumulando prove sperimentali di ruoli estranei all’ambito delle emozioni e dei valori d’affetto[6]. Il complesso baso-laterale dell’amigdala, costituito dai nuclei laterale, basale e accessorio basale, ha rivelato una struttura che condivide con la corteccia cerebrale molti caratteri morfologici, pertanto alcuni neuroanatomisti la considerano una formazione “quasi-corticale”. Sebbene manchi di una struttura laminare, il complesso baso-laterale dell’amigdala ha connessioni dirette e spesso reciproche con la corteccia temporale ed altre aree corticali adiacenti. In particolare, riceve un importante contingente di fibre dal sistema magnocellulare del proencefalo basale, costituito da assoni di input colinergico e non colinergico, e stabilisce connessioni reciproche il talamo mediodorsale. Ma il tratto di somiglianza più rilevante è costituito da un’omologia istologica: i piccoli neuroni contenenti il neuropeptide Y (NY), la somatostatina (SOM) o la colecistochinina (CCK) sono pressoché identici per forma e densità a quelli che si osservano nell’adiacente corteccia cerebrale del lobo temporale. Una frazione rilevante dei neuroni di proiezione di questa parte dell’amigdala rilascia i neurotrasmettitori eccitatori glutammato e aspartato, come l’omologa controparte della corteccia, e, inoltre, va a formare sinapsi nello striato ventrale e non nell’ipotalamo o nel tronco encefalico. Su questa base è stato proposto di considerare questa parte del sistema amigdaloideo come un’area polimodale simile alla corteccia (cortex-like), che è da questa separata solo da fibre della capsula esterna[7].

Negli anni, vari lavori hanno rilevato la partecipazione dei sistemi dell’amigdala all’orientamento cognitivo del comportamento; tuttavia, l’etichetta di complesso nucleare dedicato all’elaborazione di stress ed emozioni ha prevalso, oscurando le evidenze indicanti altri ruoli.

Istvan Hernadi, Fabian Grabenhorst e Wolfram Schultz hanno indagato la possibilità che neuroni dell’amigdala nella scimmia pianifichino azioni finalizzate volte al perseguimento di scopi definiti dal cervello stesso dell’animale. In altri termini, la pianificazione di attività necessarie ad ottenere una ricompensa generata da un processo interno. I risultati sono letteralmente degni di nota (Hernadi I., et al. Planning activity for internally generated reward goals in monkey amygdala neurons. Nature Neuroscience Epub ahead of print doi: 10.1038/nn.3925, 2015).

La provenienza degli autori dello studio è la seguente: Department of Experimental Zoology and Neurobiology and Grastyan Translational Research Centre, University of Pécs, Pécs (Ungheria); Department of Physiology, Development and Neuroscience, University of Cambridge, Cambridge (Regno Unito).

Le migliori ricompense in circostanze di vita reale, così come in condizioni di prova create per la sperimentazione, sono spesso lontane o non facilmente raggiungibili, pertanto il conseguimento richiede pianificazione e decisioni in una procedura per passi. Hernadi, Grabenhorst e Schultz hanno definito un compito sperimentale di scelta a passi multipli, in cui delle scimmie sviluppavano e seguivano piani interni per ottenere ricompense in rapporto a scopi autodefiniti.

Durante questo comportamento autocontrollato, i neuroni dell’amigdala delle scimmie hanno presentato un’attività orientata al futuro che rifletteva il piano dei primati per ottenere specifiche ricompense con varie prove d’anticipo. Questa attività di prospettiva codificava componenti cruciali del piano dell’animale, inclusi il valore e la lunghezza della sequenza pianificata.

I rilevi effettuati hanno evidenziato che l’attività dei neuroni dell’amigdala cominciava in corrispondenza dell’esecuzione delle prove iniziali, quando nel cervello della scimmia veniva formulato un piano. L’attività riappariva, passo dopo passo, fino al ricevimento della ricompensa, ossia al raggiungimento dello scopo, e prontamente si aggiornava con una nuova sequenza. Lo studio elettrofisiologico dei neuroni dell’amigdala ha dimostrato che l’attività rilevata consentiva di prevedere la prestazione, errori inclusi, e tipicamente scompariva durante il comportamento indotto da istruzioni. Quest’ultimo rilievo ha contribuito a fugare ogni dubbio sulla natura dell’attività misurata.

I ricercatori osservano che tale attività di prospettiva potrebbe costituire la base neurofunzionale della formazione e del perseguimento dei piani interni caratteristici del comportamento diretto verso uno scopo.

I risultati di questo studio, che dimostrano l’esistenza nell’amigdala di un’attività neuronica necessaria all’elaborazione mentale di piani di azioni, suggeriscono un ruolo da parte di questo aggregato nucleare nel guidare il comportamento verso scopi distanti definiti internamente.

 

L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la collaborazione e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Giovanni Rossi

BM&L-14 febbraio 2015

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

 

 

 



[1] Note e Notizie 07-02-15 Definita una base del potere affettivo della voce umana.

[2] Cfr. Rolls E. T., The Brain and Emotion, Oxford University Press, Oxford 1999.

[3] LeDoux J. E., Il Sé sinaptico, pp. 305-306, Raffaello Cortina Editore, Milano 2002.

[4] Il suggerimento è di Giuseppe Perrella, ed è parte di una concezione illustrata ai membri della nostra società scientifica fin dal 2003.

[5] Cfr. Fuster J., Prefrontal Cortex (4th edition), pp. 302-303, Academic Press, 2008.

[6] Non si può escludere che il mancato riferimento a questi studi nei libri di testo non sia stato dettato solo da prudenza, ma anche dalla resistenza verso dati non conformi con una consolidata visione di “centro delle risposte emozionali”.

[7] Gli studi che hanno portato a considerare l’amigdala baso-laterale come una struttura simile alla corteccia sono efficacemente sintetizzati da Susan Standring in Gray’s Anatomy, p. 409, Elsevier, 2005.